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Licenziamento per giusta causa: cos'è e come funziona

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Il licenziamento per giusta causa rappresenta una delle forme più severe di risoluzione del rapporto di lavoro, riservata a comportamenti del dipendente talmente gravi da rendere impossibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto stesso. Questo tipo di licenziamento, disciplinato dal Codice Civile italiano, implica conseguenze significative sia per il lavoratore che per il datore di lavoro.

In questo articolo, esploreremo in dettaglio cosa si intende con licenziamento per giusta causa, quali sono i comportamenti che possono giustificare tale provvedimento, i diritti del lavoratore, e le procedure di impugnazione. Forniremo una guida completa per comprendere meglio questa complessa materia e le sue implicazioni pratiche.

 

Cosa si intende con licenziamento per giusta causa?

Il licenziamento per giusta causa si riferisce a una forma di risoluzione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro senza preavviso, giustificata da un comportamento particolarmente grave del lavoratore. Questa gravità rende impossibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto lavorativo. 

Il licenziamento per giusta causa è regolamentato dall'articolo 2119 del Codice Civile italiano e dalla legislazione lavoristica vigente. L'art. 2119 stabilisce che il datore di lavoro può procedere al licenziamento immediato senza preavviso in presenza di una giusta causa, ovvero di un comportamento del lavoratore così grave da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto di lavoro. La giusta causa deve essere valutata caso per caso, tenendo conto della gravità del comportamento e delle circostanze specifiche. La legge richiede che il datore di lavoro fornisca una motivazione dettagliata del licenziamento e che comunichi al lavoratore i fatti che giustificano tale decisione. Il lavoratore ha il diritto di impugnare il licenziamento di giusta causa entro 60 giorni dalla comunicazione, presentando ricorso al giudice del lavoro, il quale valuterà la legittimità del provvedimento. Inoltre, le norme collettive, come i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), possono prevedere ulteriori specificazioni e tutele in materia di licenziamento per giusta causa, contribuendo a definire le fattispecie e le procedure da seguire.

 

Licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo

Il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo soggettivo sono due tipologie di risoluzione del rapporto di lavoro previste dalla normativa italiana, che si differenziano principalmente per la gravità del comportamento del lavoratore e per le conseguenze che ne derivano.

Il licenziamento per giusta causa si verifica quando il dipendente commette un comportamento di tale gravità da rendere impossibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro. Questo tipo di licenziamento è regolato dall'articolo 2119 del Codice Civile e consente al datore di lavoro di interrompere immediatamente il rapporto senza preavviso e senza corresponsione dell'indennità di preavviso. La gravità del comportamento è tale da rompere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente.

D'altra parte, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo riguarda comportamenti meno gravi, ma comunque tali da compromettere la fiducia del datore di lavoro nel dipendente. Questa forma di licenziamento è disciplinata dall'articolo 3 della Legge 604/1966 e prevede la possibilità di licenziare il lavoratore con il rispetto del periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo applicabile o, in mancanza di preavviso, con la corresponsione dell'indennità sostitutiva. Quali sono i licenziamenti per giustificato motivo? Esempi di giustificato motivo soggettivo possono essere le assenze ingiustificate ripetute, il rendimento insufficiente e comportamenti scorretti ma non così gravi da giustificare un licenziamento per giusta causa.

Quali sono i motivi per un licenziamento per giusta causa?

Tra i principali esempi di licenziamento per giusta causa vi sono:

  • il furto o l'appropriazione indebita di beni aziendali, che minano la fiducia fondamentale tra datore e dipendente;
  • la violenza fisica o verbale verso colleghi o superiori rappresenta una ragione valida, poiché crea un ambiente di lavoro insicuro e ostile;
  • l'insubordinazione grave, come il rifiuto reiterato di eseguire compiti legittimamente assegnati, è un altro motivo che può giustificare tale misura;
  • la divulgazione di informazioni riservate o segreti aziendali, che può danneggiare seriamente l'azienda, è anch'essa una causa di licenziamento per giusta causa.
  • le assenze ingiustificate e prolungate dal lavoro, che dimostrano una mancanza di rispetto per gli obblighi contrattuali;
  • le reiterate violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro, che mettono a rischio l'incolumità di altri lavoratori.

In sintesi, la giusta causa si basa su comportamenti che violano profondamente il dovere di fedeltà e lealtà del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, rendendo inevitabile la cessazione immediata del rapporto di lavoro.

Chi viene licenziato per giusta causa ha diritto alla disoccupazione?

In Italia, in caso di licenziato per giusta causa generalmente il lavoratore non ha diritto alla disoccupazione, conosciuta come NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego). Questo perché la NASpI è destinata a coloro che perdono involontariamente il lavoro, mentre il licenziamento per giusta causa è considerato una risoluzione del rapporto di lavoro dovuta a un comportamento gravemente colpevole del lavoratore.

Tuttavia, ci sono alcune eccezioni e situazioni particolari in cui il lavoratore potrebbe comunque avere accesso alla NASpI. Ad esempio, se il licenziamento per giusta causa viene contestato dal lavoratore e il giudice del lavoro accerta che non vi erano i presupposti per il licenziamento, il lavoratore potrebbe avere diritto alla disoccupazione. In altre parole, se un tribunale stabilisce che il licenziamento era ingiustificato, il lavoratore potrebbe essere considerato come disoccupato involontariamente e quindi avere diritto alla NASpI.

In ogni caso, è sempre consigliabile consultare un consulente del lavoro o un avvocato specializzato in diritto del lavoro per avere una valutazione precisa della propria situazione e per comprendere meglio i propri diritti e le possibilità di accesso alle prestazioni di disoccupazione.

Licenziamento per giusta causa e TFR

Il trattamento di fine rapporto (TFR), comunemente noto come liquidazione, è una somma di denaro che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla causa della cessazione. Pertanto, anche in caso di licenziamento per giusta causa, il lavoratore ha diritto a ricevere il TFR maturato.

Il TFR è un diritto del lavoratore che si accumula durante tutto il periodo di lavoro e la sua corresponsione non è influenzata dal motivo del licenziamento. Tuttavia, mentre il diritto al TFR rimane, il licenziamento per giusta causa può influenzare altre componenti economiche che il lavoratore potrebbe altrimenti ricevere, come il preavviso o le indennità di fine rapporto legate a specifiche condizioni contrattuali o collettive.

In sintesi

  • Diritto al TFR: il lavoratore licenziato per giusta causa mantiene il diritto a ricevere il TFR maturato durante il periodo di lavoro.
  • Preavviso e altre indennità: in caso di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro non è tenuto a corrispondere l'indennità di preavviso o altre eventuali indennità previste per il licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Il TFR rappresenta una parte significativa delle spettanze del lavoratore e viene calcolato in base alla retribuzione annua lorda, dividendo la retribuzione annua per 13,5. La somma così ottenuta si accumula anno per anno, con l'aggiunta di una rivalutazione annuale basata su un tasso fisso e uno variabile legato all'inflazione. Anche se il licenziamento avviene per giusta causa, il lavoratore non perde il diritto a questa somma, che rappresenta una forma di risparmio forzato accantonato durante il periodo di lavoro.

Impugnazione del licenziamento per giusta causa

Impugnare il licenziamento per giusta causa è un procedimento attraverso il quale il lavoratore contesta la legittimità del licenziamento e chiede che venga annullato o che vengano riconosciute le dovute tutele economiche e normative. In Italia, questo processo è disciplinato da una serie di norme che prevedono tempi e modalità specifiche.

Ecco una descrizione dettagliata del processo di impugnazione

  1. Termini per l'impugnazione:il lavoratore deve impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla sua comunicazione. L'impugnazione deve essere effettuata in forma scritta, tramite una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, PEC (posta elettronica certificata), o altri mezzi che permettano di avere una prova della ricezione.

  2. Tentativo di conciliazione: dopo l'impugnazione scritta, il lavoratore ha ulteriori 180 giorni per depositare un ricorso presso il Tribunale del lavoro competente. Prima di procedere al giudizio, le parti possono tentare una conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro o altri organismi previsti dai contratti collettivi nazionali (CCNL).

  3. Ricorso al tribunale del lavoro: se il tentativo di conciliazione non ha esito positivo, il lavoratore può depositare il ricorso al Tribunale del lavoro. Il ricorso deve contenere tutte le motivazioni per cui si ritiene il licenziamento illegittimo e deve essere supportato da prove documentali e testimonianze.

  4. Fasi del procedimento giudiziario: il procedimento giudiziario prevede una fase di istruttoria, in cui vengono raccolte le prove e ascoltate le testimonianze. Successivamente, il giudice del lavoro esamina le prove e le argomentazioni delle parti e decide se il licenziamento è legittimo o meno.

  5. Possibili esiti

    • Reintegrazione: se il giudice dichiara che il licenziamento è illegittimo, può ordinare la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro e il risarcimento del danno, che può includere le retribuzioni non percepite dal momento del licenziamento fino alla reintegrazione.
    • Indennità risarcitoria: in alcuni casi, invece della reintegrazione, il giudice può disporre il pagamento di un'indennità risarcitoria, che varia in base all'anzianità del lavoratore e alle circostanze del caso.
    • Conferma del licenziamento: se il giudice ritiene che il licenziamento sia legittimo, conferma la risoluzione del rapporto di lavoro senza ulteriori obblighi per il datore di lavoro.
  6. Appello: entrambe le parti hanno il diritto di ricorrere in appello contro la decisione del Tribunale del lavoro entro 30 giorni dalla notifica della sentenza.

L'impugnazione del licenziamento per giusta causa è un diritto fondamentale del lavoratore per garantire la giustizia e la correttezza nel rapporto di lavoro. È consigliabile avvalersi di un avvocato specializzato in diritto del lavoro per seguire correttamente tutte le procedure e tutelare efficacemente i propri diritti.

Rimane traccia del licenziamento per giusta causa?

Sì, il licenziamento per giusta causa lascia traccia sia nei documenti interni dell'azienda sia nei registri ufficiali.

Ecco come e dove può rimanere traccia di un licenziamento per giusta causa.

  1. Documentazione aziendale

    • Fascicolo personale del lavoratore: il licenziamento per giusta causa verrà annotato nel fascicolo personale del lavoratore che viene tenuto dall'ufficio risorse umane dell'azienda. Questo fascicolo contiene tutte le informazioni relative alla storia lavorativa del dipendente, comprese eventuali contestazioni disciplinari e il provvedimento di licenziamento.
    • Verbali e comunicazioni interne: ogni comunicazione formale relativa al licenziamento, inclusi i verbali delle riunioni disciplinari e le lettere di contestazione e di licenziamento, sarà conservata dall'azienda.
  2. Comunicazioni obbligatorie

    • Comunicazione al Centro per l'Impiego: quando un lavoratore viene licenziato, il datore di lavoro è tenuto a comunicare l'interruzione del rapporto di lavoro al Centro per l'Impiego competente. Questa comunicazione include il motivo del licenziamento e viene utilizzata per aggiornare lo stato occupazionale del lavoratore.
  3. Certificazioni e attestati

    • Certificato di servizio: in caso di richiesta di un certificato di servizio da parte del lavoratore, il datore di lavoro può riportare le informazioni relative alla durata del rapporto di lavoro e al motivo della cessazione, inclusa l'indicazione di un licenziamento per giusta causa.
  4. Banche dati e sistemi di informazione creditizia

    • Banche dati aziendali: alcune grandi aziende e organizzazioni possono avere banche dati interne condivise con altre aziende del settore o consorzi che includono informazioni sui precedenti lavorativi dei dipendenti, compresi i motivi di eventuali licenziamenti.
  5. Curriculum e referenze

    • Impatto sulle referenze: un licenziamento per giusta causa può influire sulle referenze fornite dai precedenti datori di lavoro. Anche se le aziende tendono a fornire referenze generiche, in alcuni casi possono comunicare la ragione del licenziamento ai futuri datori di lavoro, se richiesto.

È importante notare che, mentre il licenziamento per giusta causa lascia traccia in vari documenti e registri, le informazioni personali del lavoratore devono essere trattate in conformità con le leggi sulla privacy. In particolare, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) dell'Unione Europea impone restrizioni sull'uso e la divulgazione dei dati personali dei lavoratori.

Per mitigare l'impatto di un licenziamento per giusta causa sul futuro lavorativo, il lavoratore può cercare di negoziare con il datore di lavoro una versione più neutrale della motivazione del licenziamento nei documenti ufficiali o ottenere una lettera di referenze che metta in luce anche gli aspetti positivi della sua performance.

Quanto costa licenziare un dipendente a tempo indeterminato per giusta causa?

Il costo del licenziamento di un dipendente a tempo indeterminato per giusta causa può variare in base a diversi fattori. Anche se il licenziamento per giusta causa non prevede il pagamento dell'indennità di preavviso, ci sono comunque altri costi diretti e indiretti da considerare. Di seguito, una panoramica dei principali costi e fattori coinvolti:

  1. TFR (Trattamento di Fine Rapporto): il datore di lavoro deve corrispondere il TFR maturato dal dipendente fino alla data del licenziamento. Questo importo si accumula durante tutto il periodo di lavoro e deve essere versato al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla causa del licenziamento.

  2. Indennità sostitutiva del preavviso: nel caso di licenziamento per giusta causa, non è previsto il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, poiché la gravità del comportamento del lavoratore giustifica la cessazione immediata del rapporto di lavoro.

  3. Eventuali mensilità aggiuntive e ferie non godute: il datore di lavoro è tenuto a pagare al dipendente tutte le competenze residue, come le mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima, se previste), le ferie maturate e non godute, i permessi retribuiti non usufruiti e altre eventuali spettanze.

  4. Contributi previdenziali e assicurativi: anche in caso di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro deve versare i contributi previdenziali e assicurativi dovuti per l'ultimo periodo di lavoro del dipendente.

  5. Costi legali: se il dipendente impugna il licenziamento, il datore di lavoro potrebbe dover affrontare costi legali significativi per la difesa della propria posizione in tribunale. Questi costi includono le spese legali per gli avvocati e i costi del procedimento giudiziario.

  6. Potenziali risarcimenti: nel caso in cui il tribunale stabilisca che il licenziamento per giusta causa non era giustificato, il datore di lavoro potrebbe essere condannato a risarcire il dipendente con il pagamento delle retribuzioni non percepite dalla data del licenziamento alla data della sentenza, oltre a eventuali danni morali e materiali. In alcuni casi, il giudice potrebbe ordinare la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro.

  7. Costi di gestione del turnover: il licenziamento di un dipendente può comportare costi aggiuntivi legati alla selezione, formazione e inserimento di un nuovo dipendente. Questi costi includono le spese per i processi di reclutamento, le ore di formazione e l'eventuale perdita di produttività durante il periodo di transizione.

 

In sintesi, mentre il licenziamento per giusta causa può evitare alcuni costi immediati come l'indennità di preavviso, ci sono comunque diversi costi diretti e indiretti che il datore di lavoro deve considerare. Questi possono variare notevolmente a seconda delle circostanze specifiche del caso, della durata del rapporto di lavoro e delle eventuali controversie legali che ne derivano.

 

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