Licenziamento per malattia del dipendente: quando è possibile?
Il licenziamento di un dipendente per malattia è un argomento delicato e complesso che tocca numerosi aspetti legali, etici e umani. In un contesto lavorativo sempre più attento al benessere dei propri collaboratori, è essenziale comprendere quando e come il licenziamento per malattia possa essere considerato legittimo e quali sono i diritti dei lavoratori in queste circostanze.
Questo articolo esplorerà le normative vigenti, i diritti dei dipendenti e le responsabilità dei datori di lavoro, analizzando le situazioni in cui un licenziamento per finta malattia può essere giustificato e i limiti che la legge impone per proteggere i lavoratori. Inoltre, verranno presentati casi studio e consigli pratici per gestire al meglio queste delicate situazioni, con l'obiettivo di offrire una guida chiara e completa a datori di lavoro e dipendenti su un tema di grande rilevanza e attualità.
Indice dei contenuti
Il dipendente in malattia può essere licenziato?
La cosiddetta malattia del dipendente è un diritto sancito dal Codice Civile (art. 2110) e permette una sospensione del rapporto lavorativo a fronte di una indisposizione dello stesso.
In questo arco temporale il dipendente ha il diritto al mantenimento del posto, oltre a ricevere un particolare trattamento economico mediante l'INPS, il quale potrebbe essere di tipo diretto oppure attraverso il datore di lavoro.
Esiste tuttavia un arco temporale stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) di giorni che il dipendente può richiedere per malattia. Tale arco è anche detto periodo di comporto.
Nel caso in cui il dipendente dovesse rimanere assente dal lavoro per più di questi giorni, il licenziamento può avvenire in tronco anche senza giusta causa.
Tuttavia, rimangono comunque presenti anche altre casistiche per le quali il datore di lavoro può avere diritto al licenziamento del proprio dipendente anche durante il periodo di malattia concesso dal CCNL.
Quando è possibile licenziare il dipendente in malattia
Vale la pena ricordare, a tal proposito, che anche se in malattia il dipendente è soggetto a mantenere una certa condotta, oltre a dover sottostare ad alcuni obblighi.
In primis, secondo i termini del CCNL deve comunicare al proprio datore di lavoro la sua assenza corredata dal numero di protocollo del certificato telematico, il quale è stato a sua volta comunicato dal medico del lavoro. In alternativa si deve premunire a consegnarlo per via postale all'INPS entro un paio di giorni dalla data di rilascio.
Un primo caso che consente al datore di lavoro il licenziamento durante la malattia è dato da una condotta prima della malattia, per esempio andando incontro a gravi violazioni del contratto di lavoro o della Legge. Il provvedimento ha effetto quindi anche se il dipendente si è messo in malattia.
Può anche succedere che il dipendente non mantenga una condotta esemplare anche durante il periodo di malattia. Si fa riferimento infatti a un comportamento tenuto dallo stesso tale da non facilitare il decorso della malattia o perfino tale da portarne un aggravamento.
Ma non solo, potrebbe anche succedere che il dipendente svolga altre attività lavorative durante il periodo, fornendo magari un certificato medico falso.
In altre parole, se il dipendente si rende colpevole di una condotta diversa da quella che richiederebbe lo stato di malattia (favorire la guarigione in tempi brevi o lo svolgimento di altre attività nel mentre) va incontro al possibile e legittimo licenziamento per il non rispetto del contratto di lavoro.
In Italia, il licenziamento di un dipendente per malattia è regolato da specifiche normative che mirano a tutelare i diritti dei lavoratori e a garantire un equilibrio tra le esigenze aziendali e la protezione della salute. Ecco una panoramica delle principali disposizioni legali in merito.
Periodo di comporto
La legge prevede un periodo di comporto durante il quale il dipendente ha diritto a mantenere il proprio posto di lavoro anche in caso di malattia. Il periodo di comporto può essere di due tipi.
- Comporto secco: un periodo continuativo di assenza per malattia.
- Comporto frazionato: un periodo complessivo che somma diverse assenze per malattia.
La durata del periodo di comporto è generalmente stabilita dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) e varia a seconda del settore e del tipo di lavoro. Durante questo periodo, il datore di lavoro non può licenziare il dipendente a causa della malattia. Se il dipendente supera il periodo di comporto previsto dal CCNL, il datore di lavoro ha la facoltà di procedere con il licenziamento. Tuttavia, il licenziamento deve avvenire nel rispetto delle procedure legali e contrattuali, e deve essere motivato dal superamento del periodo di comporto stesso.
Eccezioni e tutele
- Malattie gravi e croniche: alcuni CCNL prevedono tutele aggiuntive per malattie particolarmente gravi o croniche, estendendo il periodo di comporto o offrendo forme di tutela aggiuntive.
- Protezione per maternità e infortuni sul lavoro: le assenze per maternità e per infortuni sul lavoro godono di tutele specifiche e non rientrano nel calcolo del periodo di comporto.
- Discriminazione: il licenziamento non può essere motivato dalla malattia stessa se rappresenta una forma di discriminazione. In tali casi, il licenziamento può essere impugnato e dichiarato nullo.
Procedura di licenziamento
Per procedere al licenziamento di un dipendente che ha superato il periodo di comporto, il datore di lavoro deve seguire una specifica procedura.
- Comunicazione scritta: il licenziamento deve essere comunicato per iscritto, indicando chiaramente le motivazioni legate al superamento del periodo di comporto.
- Rispetto delle tempistiche: il datore di lavoro deve rispettare le tempistiche e le modalità previste dalla legge e dal CCNL applicabile.
- Possibilità di difesa: al dipendente deve essere data la possibilità di fornire giustificazioni o spiegazioni, anche attraverso una procedura di conciliazione.
Il dipendente può impugnare il licenziamento se ritiene che sia avvenuto in violazione delle normative vigenti. In tal caso, può rivolgersi al tribunale del lavoro per ottenere una revisione della decisione e, se del caso, il reintegro o un risarcimento economico.
Licenziamento per finta malattia
Cosa si intende per finta malattia?
Ci sono delle casistiche che possono essere definite come finta malattia. Il dipendente, infatti, potrebbe fornire al datore di lavoro un certificato fasullo e quindi rimanere a casa in ottima salute e svolgere altre attività, lavorative e non.
Per esempio potrebbe decidere di andare in vacanza o ancora svolgere un ulteriore lavoro durante tale periodo.
Un altro comportamento che può condurre alla falsa malattia è l'assenza durante le normali visite fiscali condotte dal medico INPS, che quindi danno atto che il dipendente sia in buona salute dato che non è presente al proprio domicilio.
Tutte queste condizioni vanno contro a quanto solitamente incluso nel contratto lavorativo, in particolare relativamente alla condotta seria e puntuale, e come tali danno diritto al datore di lavoro di poter procedere con il licenziamento.
La finta malattia è un illecito, e quindi risulta essere una valida motivazione di licenziamento.
Il dipendente ha comunque il diritto di fare ricorso contro il licenziamento. In questo caso quindi si dovrà passare attraverso una disputa legale. Il dipendente infatti potrebbe appellarsi a una specifica sentenza, la numero 23674 del 28 luglio 2022, la quale considera nullo il licenziamento per malattia durante il periodo di comporto.
Se però il datore è in grado di provare che l'assenza sia per finta malattia, tali giustificazioni decadono automaticamente.
Dunque, quando si sospetta che un dipendente ha simulato una malattia, le conseguenze possono essere severe. Vediamo in dettaglio come procedere in questi casi.
Raccogliere le prove che il dipendente è in malattia per finta
Prima di intraprendere qualsiasi azione, è fondamentale raccogliere prove concrete della finta malattia attraverso delle indagini del datore di lavoro sul dipendente. Queste possono includere:
- testimonianze di colleghi o altre persone che possono confermare l’inganno.
- documentazione, come ad esempio messaggi, email o altre comunicazioni che dimostrano la falsità della malattia;
- attività sui social media, come post o foto che contraddicono lo stato di malattia dichiarato.
Procedura di licenziamento per finta malattia
- Indagine Interna: una volta raccolte le prove mediante investigazioni per falsa malattia, il datore di lavoro dovrebbe avviare un’indagine interna per verificare la veridicità delle accuse;
- comunicazione scritta: se l’indagine conferma la segnalazione di finta malattia, il datore di lavoro deve comunicare al dipendente l’intenzione di procedere al licenziamento, spiegando le motivazioni in modo dettagliato;
- audizione del dipendente: il dipendente deve avere la possibilità di difendersi, fornendo eventuali spiegazioni o giustificazioni.
- decisione finale: dopo aver valutato tutte le informazioni e le spiegazioni, il datore di lavoro può decidere di procedere con il licenziamento per giusta causa per finta malattia.
Come dimostrare la finta malattia
Affinché il datore di lavoro possa procedere in tal modo, però, deve essere in possesso di prove concrete che attestano la finta malattia del dipendente.
A tale scopo potresti indagare su un dipendente mediante un investigatore privato, il quale tenendo traccia dei movimenti del dipendente potrebbe procurarti le prove necessarie per poi procedere al licenziamento.
Tale pratica è legittima, e ogni datore di lavoro può quindi decidere di procedere se nota dei comportamenti che destino sospetto.
Per approfondire: L’investigatore privato può controllare un dipendente?
Il primo segnale d'allarme potrebbe verificarsi con ripetute irreperibilità durante la visita del medico del lavoro, e quindi metterti in dubbio riguardo l'effettiva malattia del dipendente.
L'investigatore privato, in questo caso, risulta fondamentale in quanto attiverà tutta una procedura di pedinamento con la produzione di prove fotografiche e video, ma anche con possibili testimonianze comprovanti la condotta irregolare del dipendente.
In caso di ricorso del lavoratore, poi, tali prove possono essere tranquillamente usate in sede legale.
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