Come dimostrare che l'ex moglie lavora in nero
Durante le fasi di divorzio, un punto su cui ci si sofferma a lungo e dove si fa fatica a trovare un accordo riguarda l'assegno di mantenimento, nello specifico se è il caso di prevederlo e successivamente a quanto dovrebbe ammontare.
Per farne una stima si tende a valutare i redditi di ognuno dei coniugi, anche se potrebbero esserci dei redditi non dichiarati.
Il più frequente riguarda il lavoro in nero.
Se il coniuge ritiene, per esempio, che la ex moglie abbia un reddito derivante da del lavoro in nero, potrebbe anche opporsi alla richiesta dell'assegno di mantenimento, o comunque di rimodularne la cifra richiesta.
Per approfondire: Il mantenimento spetta all’ex coniuge che lavora in nero?
Indice dei contenuti
L'importanza del reddito
Come accennato poc'anzi, avere una stima precisa dei redditi di entrambi i coniugi è determinante per poter fornire una cifra quanto più equa per l'assegno di mantenimento.
Vale anche la pena ricordare che con l'attuale ordinamento, l'assegno di divorzio non deve essere inteso come un mantenimento a vita, ma anzi il coniuge richiedente deve essere in grado di dimostrare che non abbia le possibilità di lavorare, siano esse cause di natura fisica (problemi di salute o per età) o per impedimenti concreti.
Anche il semplice fatto di essere disoccupati non è sufficiente, nemmeno se si dimostra di aver inviato il curriculum o di essere iscritto ad agenzie di collocamento.
Dunque, l'assegno ha il solo scopo di garantire l'autosufficienza dal punto di vista economico, salvo casi specifici in cui il coniuge in essere si sia dedicato alla casa e alla famiglia allontanandosi quindi dal mondo del lavoro.
Ne consegue dunque che se la moglie (per esempio) ha un reddito derivante da prestazioni lavorative e quindi può avere la propria autosufficienza risultano non sussistere gli stremi per la richiesta di un assegno di mantenimento.
In questa ottica, quindi, risulta fondamentale poter reperire prove del fatto che la moglie abbia dei redditi derivanti da un eventuale lavoro in nero, così da avvalorare l'infondatezza della richiesta di assegno.
Va comunque tenuto presente che tali attività devono essere di tipo continuativo, e non semplici prestazioni occasionali per le quali la giurisprudenza si è espressa come non sufficienti alla richiesta da parte del coniuge di non conferire l'assegno divorzile.
Elementi per dimostrare che l'ex moglie lavora in nero
Per quanto concerne un regolare rapporto di lavoro dell'ex moglie mediante contratto, poter dimostrare che lavora è facile e intuitivo. In questo caso sarà possibile, infatti, fare richiesta all'Agenzia delle Entrate di accesso agli atti, e da lì comprovare l'effettivo stato lavorativo dell'ex moglie.
Al contrario, risulta molto più complesso da provare un eventuale rapporto lavorativo in nero di natura continuativa, dato che non sono di norma tracciabili prove.
Pensiamo per esempio allo stipendio, che per ovvi motivi verrà versato in maniera non tracciabile.
Bisogna tuttavia tenere presente che a livello giuridico non sono obbligatoriamente necessarie delle prove concrete, ma potrebbe bastare un semplice presunzione.
La presunzione però si deve basare su indizi, i quali possono invece essere forniti in maniera più semplice.
Uno su tutti potrebbe essere il tenore di vita tenuto dalla moglie, magari con situazioni molto discordanti tra l'assegno versato e le spese sostenute dalla moglie.
Le spese infatti sono facilmente identificabili, come quelle relative a viaggi, acquisto di beni di varia natura, pagamento di un eventuale affitto dell'abitazione. Tutte spese che, se sostenute con valore ben superiore a quello dell'assegno fornito dal coniuge, potrebbero far pensare a un ulteriore reddito derivante da lavoro nero.
Come dimostrare che l'ex moglie lavora in nero
Sulla base delle presunzioni sopra mostrate, è possibile comunque svolgere degli accertamenti affinché quelle che sono inizialmente delle presunzioni trovino un riscontro pratico a tutti gli effetti.
Lo stesso tribunale potrebbe decidere di prendere come attendibili le supposizioni di parte e quindi affidarsi alla polizia tributaria per le opportune indagini del caso.
Teniamo presente che gli accertamenti devono essere sì supposizioni, ma devono anche essere ben fondate; quindi, devono anche essere supportate da fatti reali.
Ecco che quindi sarà necessario reperire delle prove.
La soluzione più immediata è quella di chiedere supporto ad un'agenzia di investigazione che tramite indagini di varia natura, tra le quali potrebbe esserci anche il pedinamento dell'ex moglie o altre indagini specifiche per assegno di mantenimento, può portare alla luce un tenore di vita non compatibile dal punto di vista economico con quanto percepito dall'assegno di divorzio, facendo quindi emergere anche dei rapporti lavorativi in nero.
La nostra agenzia sarà in grado di svolgere le indagini in tempi relativamente brevi e di portare un numero di prove atte a far valere la propria supposizione, trasformandola in sede di tribunale in prove concrete.
Grazie a questo sarà quindi possibile affermare la non fondatezza dell'attuale somma da versare, portando quindi il giudice a rivedere l'entità dell'assegno di mantenimento oppure a escluderlo.
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